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mercoledì 17 dicembre 2014

Campana-Bandini

DINO CAMPANA MOSTRA - LIBRO - SPETTACOLO

- LIBRO di ENRICO BANDINI
LA POESIA TORNERA’
Un piccolo Faust con accordi di situazione e di scorcio
Un progetto di Dino Campana per i Canti Orfici 

È il maggio del 1916 e Dino Campana affida a una lettera inviata a Mario Novaro, direttore della rivista Riviera Ligure, l'auspicio di potersi dedicare ancora, dopo l’uscita dei Canti Orfici, alla poesia, “la sola giustificazione” della sua esistenza. “La salute va bene. La poesia tornerà” scrive Campana, in un frangente in cui sembra avere recuperato un po’ di fiducia nelle sue condizioni. Non è andata così. A parte le poche poesie per Sibilla Aleramo, il poeta di Marradi chiude la sua stagione lirica con i cosiddetti Versi Sparsi, pubblicati su rivista tra il 1915 e il 1916: sono gli ultimi bagliori prima del buio. Dal gennaio del 1918 infatti si aprono per il poeta le porte del manicomio di Castel Pulci dove Campana non scrive più versi. Il suo ideale sarebbe stato fare dei Canti Orfici “un piccolo Faust con accordi di situazione e di scorcio”, un libro unico, emblema di una tensione artistica orientata a soluzioni d'avanguardia, inedite nel panorama letterario nazionale. La sintassi dell'ultimo Campana si struttura in trame fonico-cromatiche, la sua è “poesia europea musicale e colorita”,“arte totale”, che Oltralpe stanno sperimentando artisti come Vasilij Kandinskij e Arnold Schöenberg.
I frangenti della vita non gli permettono di dare compimento al progetto di una ristampa migliorata e ampliata dei suoi Canti, tuttavia il libro così com’è nato continua a esistere e ad acquisire significazioni nuove; l’autore, per dirlo con Nietzsche, “ormai non rappresenta che la grigia cenere, mentre dappertutto il fuoco viene salvato e propagato”. 
enrico vagnini - letizia magnani
leggono e interpretano le poesie del poeta marradese
 

sabato 6 dicembre 2014

campana carta bianca editore

NOVITA' EDITORIALE

DINO CAMPANA 1914-2014 - Centenario dalla pubblicazione dei Canti Orfici
DINO CAMPANA                          € 15
Ritrovamenti biografici e appunti testuali
Rilevare le ombre che ancora oscurano la biografia di Dino Campana, poeta randagio che tanto soffrì e che scomparve quasi dimenticato nella solitudine di una stanza di manicomio, è un obbligo d’amore. Lo chiedono le sue fughe dettate dalla disperazione, le intemperanze che erano la ribellione di chi non si sente amato e poi la miseria, l’asilo notturno, le carceri, gli ospedali, i manicomi e quella solitudine spaventosa di chi ha perduto la compagna più fedele e insostituibile, unica: la poesia.
Ci tocca oggi toglierlo dall’ombra, gettare luce sul suo calvario, mostrarlo come autore del solo libro che scrisse e del quale si compie il centenario della pubblicazione. Bisogna illuminare i lati oscuri, cercarlo anche in piccole cose che apparentemente hanno scarsa importanza, perché alla luce di tale ricerca si rivela l’uomo e qualche cosa del poeta. come sta facendo il meritorio professore di lettere del Liceo Torricelli di Faenza, Stefano Drei (dalla prefazione di  Gabriel Cacho Millet).
   Cacho Millet       -       Dino Campana    -    Stefano Drei
 Prefazione Gabriel Cacho Millet
Autore Stefano Drei
euro 15,00
pagine 128

Per l'acquisto del volume (€15):
cartabiancaeditore@virgilio.it
0546621977

articoli collegati

http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=56727d21215dc

http://www.faenzawebtv.it/w/ultimi-eventi-dellanno-campaniano-in-attesa-del-percorso-storico-lungo-la-citta/

giovedì 4 settembre 2014

Argillà 2014 FAENZA 
 Presentazione del libro-catalogo  
e Inaugurazione mostra
LADYCERAMICA PRIMA EDIZIONE
Venerdì 5 settembre ore 19
da MUKY, Loggetta del Trentanove,
P.zza 2 Giugno Faenza

a cura di Anty Pansera, Viola Emaldi, Patrizia Sacchi, Mariateresa Chirico 

La ceramica riveste un ruolo importante nelle arti visive, come nel design e nell'artigianato artistico: senza conflitto tra i vari ambiti in cui si esplicano l'abilità e la creatività di chi "fa ceramica". Un catalogo tra una selezione di progettiste/artiste/artigiane che impiegano un codice espressivo comune, seppure con poetiche visioni e soluzioni tecniche individuali, costituisce un'occasione preziosa per confrontarsi, sviluppare consapevolezza nei confronti di questa attività e stimolare idee. Antonia Campi, Muky (Wanda Berasi Matteucci), Nedda Guidi, Rosanna Bianchi, Graziosa Bertagnin, Cristina D'Alberto, Lorenza Morandotti, Fiorenza Pancino, Antonella Ravagli, Gabriella Sacchi, Eleonora Ghilardi, Lidia Marti, Antonietta Mazzotti, Mirta Morigi, Vania Sartori, Saura e Ivana Vignoli, Luisa Bocchietto, Elisabetta Bovina, Anna Gili, Maria Christina Hamel, Patrizia Scarzella, Studio Pixel.
Titolo:
Lady ceramica. Ventidue ceramiste italiane. 1ª edizione. Ediz. multilingue
Autore: 
Anty Pansera, Mariateresa Chirico
Prezzo: 15 euro
Dati: 2014, 60 p., ill., brossura
Curatore: Emaldi V.; Sacchi P.

 per informazioni e acquisto
cartabiancaeditore@virgilio.it 






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martedì 1 luglio 2014

DEBUSSY

Cliccando su questo link  puoi ascoltare la puntata dedicata a questo libro, tratta dal programma radiofonico "QUI COMINCIA" condotto da  ARTURO STALTERI
http://www.radio3.rai.it

 Musica e Storia
Musica e ideologia nella Francia di Debussy e altri saggi 
Carta Bianca Editore, 2014, pp. XV, 173.
Il libro è stato curato e tradotto da Eddo Cimatti
Contiene un’Appendice con i profili dei protagonisti delle vicende discusse nei testi.
Introduzione di Marco Gervasoni

Il libro propone cinque studi della recente ricerca musicologica americana e inglese su Claude Debussy. Jane Fulcher apre il volume con Il nazionalismo di Debussy e con Dire la verità al potere: l’elemento dialogico nelle composizioni di Debussy degli anni di guerra, seguono i saggi di Brian Hart, Debussy e la sinfonia: le sue opinioni sul genere e i primi giudizi della critica su La Mer, di Caroline Potter, Debussy e la natura e di Robert Orledge, Debussy e Satie.
I due saggi di Jane Fulcher indagano il percorso sociale, psicologico, politico e artistico di Claude Debussy e ne ricostruiscono l’esperienza creativa all’interno di un contesto. Il rifiuto delle sue origini sociali (nacque in una famiglia di condizioni modeste) e della sua educazione musicale (studiò al Conservatorio di Parigi e vinse il Prix de Rome affermandosi nell’ufficialità istituzionale), lo spinsero a definire se stesso in opposizione alla norma e a ricercare nuove fonti di ispirazione artistica. Questa sua capacità di “ripensare la musica”, come lucidamente l’ha definita Pierre Boulez, viene inoltre considerata sullo sfondo di un contesto più ampio, quello degli eventi intercorsi fra la Guerra franco-prussiana del 1870 e la prima Guerra mondiale e del fermento che tali eventi produssero nella vita musicale francese. La radicalità dell’indipendenza artistica di Debussy e l’incapacità di inserirsi nelle “categorie” sociali e musicali del suo tempo lo marginalizzarono e furono per lui causa di gravi assilli finanziari. Il rifiuto delle sue origini popolari, ma anche il rifiuto di quella “società” parigina di cui avrebbe potuto far parte dopo il successo e dopo il Pelléas, in una parola la sua marginalità sociale, lo condussero alla ricerca di altre radici che egli ritrovò nel principio di nazione, divenuto negli anni la sua unica certezza identitaria. La reinterpretazione sul piano creativo della tradizione storica e musicale francese fu, anche in questo caso, personale e non allineata alle ortodossie politiche. La riscoperta delle “radici” francesi e del passato nazionale lo portò inoltre a una riconsiderazione critica del suo stesso passato stilistico. La complessità del percorso artistico del compositore, la “polifonia” interiore dell’uomo e un’arte che sfugge alle classificazioni hanno disorientato critica e pubblico che lo hanno rinchiuso, apprezzandolo, nell’inadeguata categoria dell’impressionismo musicale.
Il saggio di Brian Hart su Debussy e la sinfonia propone un altro aspetto dell’evoluzione stilistica del compositore, quello del recupero del vituperato genere sinfonico nella composizione de La Mer. Dopo una breve introduzione al sinfonismo francese di quegli anni, anch’essa tracciata in rapporto al contesto culturale e politico, il saggio esamina le posizioni critiche espresse sulla sinfonia dal compositore, dai primi articoli sulla “Revue Blanche” agli ultimi scritti degli anni immediatamente precedenti la guerra. La sinfonia francese fra Otto e Novecento rappresenta per Hart un termine di paragone ineludibile per un giudizio più articolato su La Mer, le cui strutture e il cui modello retorico sono sostanzialmente ricondotti dall’autore ai modelli sinfonici di César Franck e di Vincent d’Indy.
Il saggio di Caroline Potter Debussy e la natura, affronta uno dei temi centrali della poetica del compositore francese. Debussy rifugge dal naturalismo imitativo e la natura da lui evocata è sottratta a ogni forma di ingannevole umanizzazione. Quando nei suoi scritti o nei titoli di alcune sue opere allude al mistero di una foresta, alle nuvole in cielo, al rumore del mare o al propagarsi della nebbia, egli vuole piuttosto richiamarsi a una concezione del tempo musicale che corrisponda ai ritmi della natura, alla sua imprevedibilità e mutevolezza. È la stessa imprevedibilità del tempo interiore della coscienza che sfugge a schemi prestabiliti, così come la musica di Debussy sfugge agli schemi di una forma musicale data a priori: natura e tempo musicale mostrano la loro segreta complicità e la natura con i suoi ritmi e la sua organicità rappresentò per lui il modello metaforico di una nuova musica.
Debussy e Satie, il saggio finale di Robert Orledge, ripercorre il lungo e ininterrotto rapporto fra Debussy e il suo vecchio amico Erik Satie. L’amicizia fra i due, complessa, a volte difficile e tuttavia duratura, si protrasse per circa un trentennio. Sono spesso messe in luce le ripercussioni psicologiche e professionali del rapporto fra due personalità dissimili (“due fratelli ai quali le vicende della vita avevano assegnato condizioni ben diverse” per citare le parole di Louis Laloy) oltre che le reciproche influenze culturali e musicali.
Il libro è preceduto da un’introduzione di Marco Gervasoni la quale precisa i termini del quadro storico-culturale della Francia di Debussy, delle divisioni originate dall’affare Dreyfus e della guerra culturale fra una destra che non si riconosce nella Rivoluzione e una sinistra repubblicana che di quella Rivoluzione è l’erede. Gervasoni insiste inoltre sulla necessità storiografica di abbattere le barriere fra storia politica e storia culturale e sottolinea quanto sia essenziale alla comprensione dei mutamenti storici, politici e sociali lo studio dei fenomeni culturali e artistici.

Jane F. Fulcher insegna Musicologia presso la University of Michigan.
Brian Hart insegna Storia della musica alla Northern Illinois University.
Caroline Potter insegna presso la Kingston University di Londra.
Robert Orledge è professore emerito della University of Liverpool.
Marco Gervasoni insegna Storia contemporanea all’Università del Molise.

Leggi la recensione di Giuseppe Scuri


info: editorecartabiancastoria@virgilio.it

domenica 4 maggio 2014

MUSICA NELLE AIE 2014
Nuova editoriale 2014

CERCA E SFOGLIA IL NUOVO VOLUMETTO DELLE MUSICHE NELLE AIE

Questo nuovo volumetto in veste editoriale completamente rinnovata vuole essere un'agile guida per conoscere le manifestazioni che si susseguiranno dal 9 all'11 maggio 2014, non solo come mera informazione ma entrando anche nel contesto di ogni singolo evento per farne capire le intenzioni e gli intenti. Vi è anche contenuta una parte, curata da Patrizia Capitanio presidente della Pro Loco di Faenza, che riguarda gli aspetti territoriali paesaggistici e architettonici che fanno di Castel Raniero e della zona limitrofa un esempio di quella che è stata, fino al recente passato, l'immagine della villa di campagna immersa nel verde delle colline circostanti la città.
Io, come editore, partecipo a questa manifestazione allestendo una mostra di disegni, acquerelli e acqueforti dell'artista faentino Pietro Lenzini, che già agli inizi degli anni 70 si era dedicato ad una interpretazione grafica dei Canti Orfici di Dino Campana. Per l'occasione ho editato un volume che raccoglie le immagini delle opere esposte e che presenta all'interno una acquaforte originale tirata in 10 copie appositamente per questo evento. Nello stesso contesto saranno suonati brani musicali dal maestro Aurelio Samorì e recitate alcune sequenze dei Canti Orfici dall'attore, regista e drammaturgo Enrico Vagnini.

PER INFO 0546621977

giovedì 1 maggio 2014

Campana-Amici dell'arte

DINO CAMPANA - CANTI ORFICI
Percorsi letterari a Musica nelle Aie 2014
RICORDO UNA VECCHIA CITTA'
Itinerari campaniani

Venerdì 9 maggio ore 17,30, in occasione del centenario della pubblicazione dei Canti Orfici del poeta Dino Campana, gli Amici dell’Arte di Faenza in collaborazione con Carta Bianca Editore celebrano la ricorrenza con una manifestazione letteraria che prevede una serie di letture, di esecuzioni musicali ed una mostra di Pietro Lenzini, nelle sale di Villa Orestina a Castel Raniero. Le letture dell’attore, regista e drammaturgo Enrico Vagnini, i commenti del professor Stefano Drei e i brani musicali eseguiti dal M° Aurelio Samorì si alternano nel delineare quell’itinerario ideale e visionario della città di Faenza proprio del poeta. 

La mostra espone studi, schizzi, acquerelli e acqueforti di Pietro Lenzini che già dagli anni 70 si era dedicato ad una interpretazione grafica dei Canti Orfici, proseguita poi fino agli anni 80. Per l’occasione l’editore presenterà una pubblicazione d’arte con riprodotte le opere esposte e con allegata un’acquaforte inedita dell’artista.

Enrico Vagnini     -    Aurelio Samorì     -    Pietro Lenzini                                                                                                



Per leggere il resto del programma http://www.musicanelleaie.it

Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita, arsa su la pianura sterminata nell’Agosto torrido, con il lontano refrigerio di colline verdi e molli sullo sfondo. Archi enormemente vuoti di ponti sul fiume impaludato in magre stagnazioni plumbee: sagome nere di zingari mobili e silenziose sulla riva: tra il barbaglio lontano di un canneto lontane forme ignude di adolescenti e il profilo e la barba giudaica di un vecchio: e a un tratto dal mezzo dell’acqua morta le zingare e un canto, da la palude afona una nenia primordiale monotona e irritante: e del tempo fu sospeso il corso.(tratto dai Canti Orfici)





domenica 16 febbraio 2014

matisse Ferrara Mostra di pittura e Presentazione
a Casa dell'Ariosto

via Ludovico Ariosto 67

Martedì 18 febbraio 2014
presentazione del libro di  
FRANCO CARDINI (http://www.francocardini.net/)

L'imperatore, il re del mondo, il cavaliere
Il volume è illustrato con tavole della pittrice ferrarese
che per l'occasione verranno esposte
Maria Paola Forlani
Introdurrà Angelo Andreotti, direttore dei Musei d’Arte Antica e dialogherà con l’autore Piero Stefani. L’attore Fabio Mangolini reciterà brani del romanzo. 
 

Il racconto si apre sulla corte dell’imperatore Federico II di Svevia, il cui potere è legato ad un talismano, uno zaf­firo legato in un anello che egli porta al dito. Il potere sarà forte e sicuro finché la pietra sarà limpida. L’appannarsi della pietra segna un pericolo o un indebolirsi delle fonti metafisiche alle quali la “regalità sacra” è connessa.

Il pericolante regno di Federico è legato ad un altro luogo, o meglio – forse – ad un altro tempo. È lì che bi­sogna viaggiare, in quanto da lì si accede ad un giardino mirabile che sta, progressivamente, inaridendo per il gelo.

Al centro di questo giardino, un albero produce un solo fiore: restituire al giardino la primavera, cogliere il fio­re così rinato e consegnarlo a un misterioso personaggio del quale si intravedono i caratteri cristomimetici, il pre­te Giovanni (cioè il garante dell’ordine terreno, il “Re del Mondo”) sarà compito per il quale occorre un cavaliere assolutamente puro. Tre messaggeri dell’Altro mondo – sarà poi chiaro che si tratta dei santi astrologi cercatori del Cristo, i Re Magi – giungono alla corte di Federico in quanto là c’è il cavaliere tanto puro da poter adempiere alla missione richiestagli.

Questo cavaliere è il bretone Erec di Vannes, un gio­vanissimo ancora vergine ed innamorato di una dama di corte, la contessa Utah (la medesima della scultura della cattedrale di Naunburg). L’imperatore lo distoglie dal ti­rocinio cavalleresco appena iniziato e dai vagheggiamenti amorosi e lo affida ai tre negromanti con i quali egli passa il Vortice del Tempo. Non è un altro paese o un altro mondo, la terra splendida e progredita ma devastata nella quale si trova: è un ventesimo secolo ormai giunto alle soglie del collasso ecologico e sociale.

Disorientato, il cavaliere Erec  non sa bene che cosa fare. L’ispirazione gli verrà da un lungo sogno, durante il quale egli sarà trasportato fra Terrasanta e Persia alla ricerca del colloquio con una serie di saggi che lo aiuteranno a comprendere il senso del mondo e della vita.

Confortato dal lungo sogno, Erec intraprende con i tre suoi accompagnatori un lungo e terribile viaggio alla volta del Giardino Incantato. Attraversa i regni della Na­tura – la Terra, l’Acqua, l’Aria, il Fuoco –, perde i compa­gni, soggiace ad una serie di tentazioni. Infine, vecchio e stanco riesce a portare a termine la sua missione: ma gli errori ed i peccati da lui commessi in viaggio sono troppi. Dovrà quindi percorrere di nuovo il cammino dell’esisten­za. La sua riuscita sul piano metafisico è fallita su quello esistenziale.

Erec torna per un altro incantesimo, vecchio e stanco alla reggia di Federico: e trova le cose allo stesso identico punto cui le aveva lasciate molti anni prima.

Con questo cenno agli esiti della teoria della relatività del tempo, si chiude un racconto che, per il suo nucleo, è ispirato evidentemente al XXI capitolo di una raccolta di narrazioni fiorentine del tardo Duecento, dove protago­nista del viaggio magico è Riccardo conte di San Bonifa­cio.

L’effetto ricercato è quello di una fiaba attraverso la quale riproporre al lettore i grandi archetipi nel senso che Carl Gustav Jung dà a questo termine, a cominciare da un medioevo che in realtà non è tanto quello storico quanto quello esistenziale, la media aetas di ciascuno di noi, tesa tra un mistero del prima e un mistero del dopo. Il ricorso a questo medioevo, che sembrerà ovvio in un medievista, è in realtà la chiave fondamentale del significato del rac­conto: medioevo come metafora dell’esistenza, sulla linea proposta da Ingmar Bergman ne Il settimo sigillo.

Sono quindi Kierkegaard, Schopenhauer, e soprattut­to il grande Heidegger, in ultima analisi, i veri Guardiani della Soglia di questo giardino invernale, il giardino della vita che si esaurisce irrimediabilmente ma alla quale biso­gna conferire un senso sempre nuovo capace di andare al di là di essa. (Franco Cardini)