Cliccando su questo link puoi ascoltare la puntata dedicata a questo libro, tratta dal programma radiofonico "QUI COMINCIA" condotto da ARTURO STALTERI
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Musica e Storia
Musica e
ideologia nella Francia
di Debussy e altri saggi
Carta Bianca Editore,
2014, pp. XV, 173.
Il libro è stato
curato e
tradotto da Eddo Cimatti
Contiene
un’Appendice con i
profili dei protagonisti delle vicende discusse nei testi.
Introduzione
di Marco Gervasoni
Il libro
propone cinque studi della
recente ricerca musicologica americana e inglese su Claude
Debussy. Jane
Fulcher apre il volume con Il
nazionalismo di Debussy e con Dire la
verità al potere: l’elemento dialogico nelle composizioni
di Debussy degli anni
di guerra, seguono i saggi di Brian Hart, Debussy e la sinfonia:
le sue opinioni sul
genere e i primi giudizi della critica su La Mer,
di Caroline Potter, Debussy e la natura e di Robert Orledge, Debussy e Satie.

I due saggi di
Jane Fulcher
indagano il percorso sociale, psicologico, politico e
artistico di Claude
Debussy e ne ricostruiscono l’esperienza creativa
all’interno di un contesto. Il
rifiuto delle sue origini sociali (nacque in una famiglia di
condizioni modeste)
e della sua educazione musicale (studiò al Conservatorio di
Parigi e vinse il
Prix de Rome affermandosi nell’ufficialità istituzionale),
lo spinsero a
definire se stesso in opposizione alla norma e a ricercare
nuove fonti di
ispirazione artistica. Questa sua capacità di “ripensare la
musica”, come
lucidamente l’ha definita Pierre Boulez, viene inoltre
considerata sullo sfondo
di un contesto più ampio, quello degli eventi intercorsi fra
la Guerra
franco-prussiana del
1870 e la prima Guerra mondiale e del fermento che tali
eventi produssero nella
vita musicale francese. La radicalità dell’indipendenza
artistica di Debussy e
l’incapacità di inserirsi nelle “categorie” sociali e
musicali del suo tempo lo
marginalizzarono e furono per lui causa di gravi assilli
finanziari. Il rifiuto
delle sue origini popolari, ma anche il rifiuto di quella
“società” parigina di
cui avrebbe potuto far parte dopo il successo e dopo il
Pelléas, in una parola la sua marginalità
sociale, lo condussero
alla ricerca di altre radici che egli ritrovò nel principio
di nazione,
divenuto negli anni la sua unica certezza identitaria. La
reinterpretazione sul
piano creativo della tradizione storica e musicale francese
fu, anche in questo
caso, personale e non allineata alle ortodossie politiche.
La riscoperta delle
“radici” francesi e del passato nazionale lo portò inoltre a
una
riconsiderazione critica del suo stesso passato stilistico.
La complessità del
percorso artistico del compositore, la “polifonia” interiore
dell’uomo e un’arte
che sfugge alle classificazioni hanno disorientato critica e
pubblico che lo
hanno rinchiuso, apprezzandolo, nell’inadeguata categoria
dell’impressionismo
musicale.
Il saggio di
Brian Hart su Debussy
e la sinfonia propone un altro
aspetto dell’evoluzione stilistica del compositore, quello
del recupero del
vituperato genere sinfonico nella composizione de La Mer.
Dopo
una breve introduzione al sinfonismo francese di quegli
anni, anch’essa
tracciata in rapporto al contesto culturale e politico, il
saggio esamina le
posizioni critiche espresse sulla sinfonia dal compositore,
dai primi articoli
sulla “Revue Blanche” agli ultimi scritti degli anni
immediatamente precedenti
la guerra. La sinfonia francese fra Otto e Novecento
rappresenta per Hart un
termine di paragone ineludibile per un giudizio più
articolato su La Mer,
le cui strutture e il cui modello retorico sono
sostanzialmente ricondotti
dall’autore ai modelli sinfonici di César Franck e di
Vincent d’Indy.

Il saggio di
Caroline Potter
Debussy
e la natura, affronta uno dei
temi centrali della poetica del compositore francese.
Debussy rifugge dal
naturalismo imitativo e la natura da lui evocata è sottratta
a ogni forma di
ingannevole umanizzazione. Quando nei suoi scritti o nei
titoli di alcune sue
opere allude al mistero di una foresta, alle nuvole in
cielo, al rumore del
mare o al propagarsi della nebbia, egli vuole piuttosto
richiamarsi a una
concezione del tempo musicale che corrisponda ai ritmi della
natura, alla sua
imprevedibilità e mutevolezza. È la stessa imprevedibilità
del tempo interiore
della coscienza che sfugge a schemi prestabiliti, così come
la musica di
Debussy sfugge agli schemi di una forma musicale data a
priori: natura e tempo
musicale mostrano la loro segreta complicità e la natura con
i suoi ritmi e la
sua organicità rappresentò per lui il modello metaforico di
una nuova musica.
Debussy e Satie, il saggio finale di Robert
Orledge, ripercorre il
lungo e ininterrotto rapporto fra Debussy e il suo vecchio
amico Erik Satie.
L’amicizia fra i due, complessa, a volte difficile e
tuttavia duratura, si
protrasse per circa un trentennio. Sono spesso messe in luce
le ripercussioni
psicologiche e professionali del rapporto fra due
personalità dissimili (“due
fratelli ai quali le vicende della vita avevano assegnato
condizioni ben
diverse” per citare le parole di Louis Laloy) oltre che le
reciproche influenze
culturali e musicali.
Il libro è
preceduto da
un’introduzione di Marco Gervasoni la quale precisa i
termini del quadro
storico-culturale della Francia di Debussy, delle divisioni
originate
dall’affare Dreyfus e della guerra culturale fra una destra
che non si
riconosce nella Rivoluzione e una sinistra repubblicana che
di quella
Rivoluzione è l’erede. Gervasoni insiste inoltre sulla
necessità storiografica di
abbattere le barriere fra storia politica e storia culturale
e sottolinea
quanto sia essenziale alla comprensione dei mutamenti
storici, politici e
sociali lo studio dei fenomeni culturali e artistici.
Jane F. Fulcher insegna Musicologia presso la University
of Michigan.
Brian Hart insegna Storia della musica alla
Northern Illinois
University.
Caroline Potter insegna presso la Kingston
University
di Londra.
Robert Orledge è professore emerito della
University of Liverpool.
Marco Gervasoni insegna Storia contemporanea
all’Università del
Molise.
Leggi la recensione di Giuseppe Scuri
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