Pagine

domenica 16 febbraio 2014

matisse Ferrara Mostra di pittura e Presentazione
a Casa dell'Ariosto

via Ludovico Ariosto 67

Martedì 18 febbraio 2014
presentazione del libro di  
FRANCO CARDINI (http://www.francocardini.net/)

L'imperatore, il re del mondo, il cavaliere
Il volume è illustrato con tavole della pittrice ferrarese
che per l'occasione verranno esposte
Maria Paola Forlani
Introdurrà Angelo Andreotti, direttore dei Musei d’Arte Antica e dialogherà con l’autore Piero Stefani. L’attore Fabio Mangolini reciterà brani del romanzo. 
 

Il racconto si apre sulla corte dell’imperatore Federico II di Svevia, il cui potere è legato ad un talismano, uno zaf­firo legato in un anello che egli porta al dito. Il potere sarà forte e sicuro finché la pietra sarà limpida. L’appannarsi della pietra segna un pericolo o un indebolirsi delle fonti metafisiche alle quali la “regalità sacra” è connessa.

Il pericolante regno di Federico è legato ad un altro luogo, o meglio – forse – ad un altro tempo. È lì che bi­sogna viaggiare, in quanto da lì si accede ad un giardino mirabile che sta, progressivamente, inaridendo per il gelo.

Al centro di questo giardino, un albero produce un solo fiore: restituire al giardino la primavera, cogliere il fio­re così rinato e consegnarlo a un misterioso personaggio del quale si intravedono i caratteri cristomimetici, il pre­te Giovanni (cioè il garante dell’ordine terreno, il “Re del Mondo”) sarà compito per il quale occorre un cavaliere assolutamente puro. Tre messaggeri dell’Altro mondo – sarà poi chiaro che si tratta dei santi astrologi cercatori del Cristo, i Re Magi – giungono alla corte di Federico in quanto là c’è il cavaliere tanto puro da poter adempiere alla missione richiestagli.

Questo cavaliere è il bretone Erec di Vannes, un gio­vanissimo ancora vergine ed innamorato di una dama di corte, la contessa Utah (la medesima della scultura della cattedrale di Naunburg). L’imperatore lo distoglie dal ti­rocinio cavalleresco appena iniziato e dai vagheggiamenti amorosi e lo affida ai tre negromanti con i quali egli passa il Vortice del Tempo. Non è un altro paese o un altro mondo, la terra splendida e progredita ma devastata nella quale si trova: è un ventesimo secolo ormai giunto alle soglie del collasso ecologico e sociale.

Disorientato, il cavaliere Erec  non sa bene che cosa fare. L’ispirazione gli verrà da un lungo sogno, durante il quale egli sarà trasportato fra Terrasanta e Persia alla ricerca del colloquio con una serie di saggi che lo aiuteranno a comprendere il senso del mondo e della vita.

Confortato dal lungo sogno, Erec intraprende con i tre suoi accompagnatori un lungo e terribile viaggio alla volta del Giardino Incantato. Attraversa i regni della Na­tura – la Terra, l’Acqua, l’Aria, il Fuoco –, perde i compa­gni, soggiace ad una serie di tentazioni. Infine, vecchio e stanco riesce a portare a termine la sua missione: ma gli errori ed i peccati da lui commessi in viaggio sono troppi. Dovrà quindi percorrere di nuovo il cammino dell’esisten­za. La sua riuscita sul piano metafisico è fallita su quello esistenziale.

Erec torna per un altro incantesimo, vecchio e stanco alla reggia di Federico: e trova le cose allo stesso identico punto cui le aveva lasciate molti anni prima.

Con questo cenno agli esiti della teoria della relatività del tempo, si chiude un racconto che, per il suo nucleo, è ispirato evidentemente al XXI capitolo di una raccolta di narrazioni fiorentine del tardo Duecento, dove protago­nista del viaggio magico è Riccardo conte di San Bonifa­cio.

L’effetto ricercato è quello di una fiaba attraverso la quale riproporre al lettore i grandi archetipi nel senso che Carl Gustav Jung dà a questo termine, a cominciare da un medioevo che in realtà non è tanto quello storico quanto quello esistenziale, la media aetas di ciascuno di noi, tesa tra un mistero del prima e un mistero del dopo. Il ricorso a questo medioevo, che sembrerà ovvio in un medievista, è in realtà la chiave fondamentale del significato del rac­conto: medioevo come metafora dell’esistenza, sulla linea proposta da Ingmar Bergman ne Il settimo sigillo.

Sono quindi Kierkegaard, Schopenhauer, e soprattut­to il grande Heidegger, in ultima analisi, i veri Guardiani della Soglia di questo giardino invernale, il giardino della vita che si esaurisce irrimediabilmente ma alla quale biso­gna conferire un senso sempre nuovo capace di andare al di là di essa. (Franco Cardini)

 

Nessun commento:

Posta un commento